Il Castello lega il suo nome al mito sorto in epoca medioevale di un uovo magico capace di preservare la città e i suoi abitanti da sciagure e pericoli: Virgilio l’avrebbe nascosto in un luogo segreto del castello, protetto in una caraffa inserita in una gabbia. Nel 1139 Napoli perse la propria autonomia allorché Ruggero il Normanno prese possesso della città. Fu lui a ingrandire la rocca di Megaride con un piano di fortificazione dando origine alla fortezza che sarebbe poi passata alla storia con il nome di Castel dell’Ovo.
Alla prima torre, detta di Normandia, seguirono ulteriori interventi di fortificazione e la costruzione di altre tre torri ad opera di Federico II di Svevia, che realizzò il progetto insieme all’architetto Nicolò Pisano. A Roberto D’Angio si devono le modifiche alle torri che, dall’impianto quadrato di origine normanno, passarono a quello circolare tipicamente angioino. In quell’epoca il maniero tornò ad assumere la funzione di prigione di Stato, in cui fu recluso anche il filosofo Tommaso Campanella prima che fosse condannato a morte.
Nel XIX secolo fu trasformato stabilmente in carcere accogliendovi numerosi giacobini, carbonari e liberali, fra cui Francesco De Sanctis. Nella lunga e complessa storia del castello non mancò un terribile evento naturale: nel 1370 un violento maremoto ne sconvolse l’assetto, provocando il crollo delle torri e causando seri danni alle strutture portanti. Nel 1555, ad un anno dall’insediamento sul trono di Spagna di Filippo II, la fortezza fu illuminata in ogni sua parte. I bagliori delle infinite fiaccole, visibili da grande distanza, sembrava incendiassero il castello esaltandone la maestosità e la bellezza.
Nel XVIII e XIX secolo il castello non fu più sede del potere regio, e le sue costruzioni furono adibite a funzioni strettamente militari. Sotto la dominazione spagnola, Carlo di Borbone tentò di farne una fabbrica di cristalli e specchi. Negli anni che seguirono, il castello era ancora in buone condizioni tanto da accogliere con tutti gli onori Gioacchino Murat, e nel 1871, in occasione del concorso per il nuovo piano urbanistico della città, l’associazione degli scienziati, letterati ed artisti elaborò un progetto scellerato che prevedeva la sua distruzione per far posto ad un nuovo quartiere. Oggi è sede di importanti esposizioni museali e rappresenta uno dei luoghi turistici più rappresentativi della città.
L’intervento ha riguardato l’esecuzione di lavori di somma urgenza finalizzati al ripristino ed al restauro del paramento tufaceo gravemente danneggiato.